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Dal Mondo

Siamo davvero ridotti così? Al mondo manca l’amore

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Michele

Una recentissima invenzione nel campo della robotica solleva interrogativi inquietanti su quello che sarà il futuro della società contemporanea.  

L’ultima invenzione realizzata dagli scienziati del Max Planck Institute for Itelligent Systems, seppure fatta a fin di bene, solleva interrogativi inquietanti sulla condizione attuale della società moderna e su quello che sarà il suo futuro.

Solitudine (Direttanews.com)

Gli scienziati dell’istituto tedesco hanno realizzato il robot HuggieBot 3.0, un androide la cui funzione è quella di regalare abbracci indimenticabili. La tecnologia robotica continua a sfornare invenzione utilissime una dietro l’altra, in grado di sostituire l’uomo in compiti faticosi. Questo lo si vede soprattutto nel mondo del lavoro.

Ma in questo caso stiamo parlando del mono degli affetti e a nessuno verrebbe in mente di associarlo a quello dei robot. Purtroppo però, soprattutto nell’Occidente, con il calo delle nascite e l’allungarsi dell’aspettativa di vita, le persone che vivono da sole aumentano ogni anno, tanto che la solitudine con i sui affetti collaterali sta diventando un problema sociale. Problema al quale la scienza sta cercando di dare a suo modo una risposta.

 

Un mondo senza abbracci: arriva il robot affettuoso

Il team dei ricercatori del Max Planck Institute for Itelligent Systemssi, dopo anni di lavoro a questo progetto, hanno messo a punto un androide programmato per dispensare abbracci, in modo da portare conforto a chi è solo, rimpiazzando la mancanza di parenti e amici.

Robot HuggieBot 3.0 (Direttanews.com)

HuggieBot 3.0 è in grado di riconoscere e rispondere al contatto umano analizzando i gesti della persona che ha di fronte, individuando l’abbraccio perfetto. Torace e braccia sono realizzate con un materiale morbido, così da rendere il corpo del robot molto simile a quello di un essere umano in carne e ossa. L’androide è dotato di sensori che gli consentono di valutare, a seconda della persona, il tipo di abbraccio da adoperare, scegliendo la pressione da usare, se procedere con carezze sulla schiena o con pacche sulla spalla.

Gli scienziati che nel 2016 hanno cominciato a lavorare a questo progetto erano impegnati in un master di robotica. A distanza di sei anni è nato HuggieBot 3.0 e nell’ultimo test realizzato con volontari, questi ultimi hanno detto di sentirsi più “compresi” da questa versione del robot, rispetto a quelle precedenti, confermando una livello di soddisfazione molto più elevato.

Intanto gli inventori del robot stanno già lavorando a una quarta versione, con l’intento di migliorare le posizioni e le tecniche dell’abbraccio. Ma forse, prima di affidarsi ai robot, gli uomini dovrebbero farsi un esame di coscienza e affrontare il problema in prima persona, senza delegare alle macchine un dei gesti più umani che esista.

Articolo di Michele Lamonaca

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