Non tutti gli oli sono buoni per le fritture. Non ne va solo il gusto del cibo, ma anche la salute: massima attenzione alle acroleine
Uno dei pilastri della cucina italiana, soprattutto nel Sud del paese, è la frittura. Che sia di pesce, di verdure o di qualsiasi altro cibo, la frittura mette sempre d’accordo tutti e sa rendere attraente e gustoso anche il cibo noioso. Ognuno conosce le proprie regole per ottenere un fritto perfetto, anche se alcune norme sono condivise largamente da tutti.
C’è un dettaglio, però, che è fondamentale considerare per poter friggere il cibo. In base a questo, infatti, dipenderà non solo il gusto di ciò che si sta preparando, ma anche la salute di chi lo consumerà. Molto spesso è preso sottogamba ma è fondamentale.
Olio di frittura: attenzione al punto di fumo
Uno dei dettagli fondamentali per ottenere una frittura a prova di chef è scegliere un olio corretto. Ogni tipo di olio, infatti, ha un proprio punto di fumo, cioè la massima temperatura che può raggiungere prima di iniziare a bruciare. Quando si mette dell’olio a scaldare sul fuoco, la temperatura causerà l’idrolizzazione del glicerolo in acidi grassi. Il glicerolo, quindi, inizierà a perdere l’acqua e si trasformerà in acroleina, detta anche aldeide acrilica: questa si nota dal fumo che sale dall’olio.
Maggiore è la quantità di acidi insaturi contenuti nell’olio, più sarà sensibile al calore e più acroleina si formerà. A questo punto, quindi, il punto di fumo si calcola con una formula che considera il contenuto di acidi grassi liberi. L’acroleina o aldeide acrilica è altamente nociva per il fegato ed irrita la mucosa gastrica: è quindi fondamentale scegliere, per la frittura, oli che ne sprigionano il meno possibile.
Tra i migliori oli, per friggere, c’è quello di arachidi. Questo è assolutamente la migliore scelta poiché ha uno dei punti di fumo più alti, di 230° C. In seconda posizione c’è quello extravergine d’oliva, poco usato per il costo; il suo punto di fumo è di 210°C. I due oli meno adatti per le fritture e, quindi, pericolosi per il fegato sono quelli di soia e di girasole: hanno un punto di fumo che si aggira sui 130°C ed è meglio usarli per altre preparazioni.
Tutti gli oli, comunque, non andrebbero usati più di una volta poiché, una volta sviluppata acroleina, diventano dannosi. Vanno inoltre smaltiti separatamente in contenitori appositi e portati presso le piattaforme ecologiche.