Importanti aggiornamenti sulla questione dell’olio di palma, che ha causato grandi spaventi e polemiche negli ultimi anni. Ecco la verità
Negli ultimi anni, soprattutto in quelli precedenti alla pandemia, l’olio di palma è stato al centro di numerose battaglie. La paura dei suoi tanto esaltati effetti negativi sulla salute ha portato le aziende produttrici di biscotti e brioches a scrivere sulle confezioni “senza olio di palma“, a dimostrazione dell’interesse per la salute dei consumatori.
La narrazione del “senza” ha quindi dominato il mercato per tanti anni e lo dominerà per altrettanti. Nel frattempo, però, è bene scoprire cosa è in realtà questo tanto temuto olio di palma e, soprattutto, perché è bene eliminarlo: non si tratta di salute. Ecco la verità.
Nel corso degli anni, sull’olio di palma ne sono state dette di cotte e di crude. Dario Bressanini, chimico e divulgatore scientifico, parla proprio di un’isteria collettiva sul tema, non fondata. Ciò che si teme in merito all’olio di palma, infatti, è che abbia conseguenze negative sulla nostra salute. In realtà si tratta di un normale grasso saturo e la sua gravità è pari a quella degli altri grassi saturi che comunemente consumiamo, come il burro, il lardo o la panna.
Il problema dell’olio di palma, infatti, non è relativo alla salute dell’uomo, ma all’ambiente. La coltivazione delle palme da olio ha un impatto ambientale fortissimo: oggi è l’olio vegetale più usato al mondo e si stima che la sua produzione continuerà a crescere. Rispetto agli oli di arachidi, cotone e cocco, infatti, richiede meno acqua, meno terreno e meno fertilizzanti, pur avendo una resa produttiva maggiore: in poche parole, costa meno.
La sua produzione, però, causa ingenti deforestazioni, incontrollate e pericolose: le foreste tropicali vengono abbattute per creare monocolture di palma da olio. Questo comporta la perdita di biodiversità vegetale e animale; in più, favorisce l’estinzione di alcune specie animali a causa della perdita del loro habitat. Si pensi che nel mondo gli ettari dedicati alla coltivazione di palme da olio è circa di 12-13 milioni.
Il costo ambientale minore rispetto ad altri oli vegetali, in termini di acqua e terreno, lo rende però uno dei più appetibili per l’industria alimentare. Per questo motivo il WWF sta spingendo verso una produzione sostenibile di questo prodotto, con regole rigorose e controlli a scadenza ravvicinata. In merito a questo, nel 2014 è nata la RSPO (Roundtable on Sustainable Palm Oil) che sostiene i produttori di olio di palma e, se meritevoli, gli conferisce un certificato di sostenibilità.
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