Il cantante Cesare Cremonini ha parlato senza filtri della sua condizione mentale
Dietro Cesare Cremonini c’è una storia che nessuno conosce, quella di una malattia subdola diagnosticata per caso e che gli stava distruggendo la vita. Per alcuni anni il cantante si è chiuso in studio in un isolamento totale, passando ore a comporre e provare nuovi brani, dedicando la sua intera vita alla musica.
Normale, direte, per il successo questo ed altro. Ma l’ossessione che stava consumando Cremonini era tutt’altro che normale ed era il sintomo di un male più grave e più grande di lui. “Smisi di tagliarmi la barba e i capelli. Mangiavo solo pizze a pranzo e cena. A volte due pizze pure a cena. Superai i cento chili. Non facevo più l’amore, se non da ubriaco. Avevo smesso qualsiasi attività fisica”, ha raccontato.
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Poi un giorno Cremonini si ritrovò per caso ad accompagnare un’altra persona dallo psichiatra ed approfittò dell’occasione per raccontare cosa gli stava succedendo. “Andai per accompagnare una persona e raccontai di me, dei sintomi crescenti. Sempre più spesso sentivo un mostro premere contro il petto, salire alla gola. Mi pareva quasi di vederlo. E lo psichiatra me lo fece vedere. L’immagine si trova anche su Internet. Braccia corte e appuntite, gambe ruvide e pelose. La diagnosi era: schizofrenia. Percepita dalla vittima come un’allucinazione che viene dall’interno. Un essere deforme che si aggira nel subconscio come se fosse casa sua”, ha spiegato il cantante a Il Corriere della Sera.
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Grazie ad un lungo percorso con lo psichiatra, qualche farmaco e molto esercizio fisico, la condizione mentale di Cesare Cremonini oggi è molto migliorata, anche se alcune volte continua a sentir parlare i propri mostri: “La cura era camminare. Ho camminato per centinaia di chilometri scoprendo i sentieri di collina. Ho preso anche farmaci, cose leggere. In quel momento è nata la canzone “Nessuno vuol essere Robin”, scritta in quattro minuti. Ora le cose vanno meglio. Quando sento il mostro borbottare, mi rimetto in cammino. Sono tornato dallo psichiatra alla fine del primo tour negli stadi. Mi ha chiesto se vedevo ancora i mostri. Gli ho risposto di no, ma che ogni tanto li sento chiacchierare. E lui: Let them talk”.
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