Alberto Angela, la terrificante esperienza vissuta in Niger: da panico

Piero e il figlio Alberto Angela sono ormai dei mostri sacri della divulgazione scientifica televisiva, ma quello a cui non pensiamo mai è che dietro alcuni dei loro servizi possono esserci situazioni davvero pericolose.

Alberto Angela
Alberto Angela – Fonte: Instagram

Alberto Angela, il figlio del mitico Piero, è diventato suo malgrado un sex symbol amato da moltissime donne italiane. Oltre ad avere un bell’aspetto, Alberto è un uomo colto e questo, a quanto pare, è così raro da stuzzicare le fantasie femminili.

Il giornalista, scrittore, conduttore, palentologo, divulgatore scientifico e chi più ne ha più ne metta, è alla guida ormai da anni, per la precisione dal 2000, di Ulisse – Il piacere della scoperta, il suo programma che dedica ogni puntata all’approfondimento di un diverso argomento.

In un’intervista rilasciata lo scorso anno, Alberto Angela ha raccontato di una disavventura molto grave che ha affrontato proprio durante le registrazioni di Ulisse e per la quale ha anche rischiato di perdere la vita.

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L’incredibile situazione

L’evento in questione risale al 2002 quando Angela Jr. si era recato in Niger per girare alcune puntate del suo programma. Si trovava sul luogo con una squadra di sei operatori, quando tre banditi armati hanno aggredito il gruppo rapinandoli. Lo studioso ha raccontato: “Ho rischiato di essere ucciso. Sono stato sequestrato e picchiato da dei criminali nel Niger. Ho davvero avuto paura di non rivedere più mia moglie”. Alberto Angela e i suoi uomini non si erano però allontanati dal territorio conosciuto, si trovavano in un percorso tranquillo, frequentato anche da turisti, che gli avevano assicurato sarebbe stato sicuro.

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Appena entrati sul territorio nigerino invece, in pieno deserto, è arrivato un veicolo velocissimo da cui sono usciti i tre criminali armati. Lì è iniziato per Alberto Angela e la sua troupe un incubo di 15 ore, fatto di gravi violenze e torture psicologiche: “Dopo l’attacco sono seguite quindici ore di terrore: sotto tiro, calci nel costato, pugni, schiaffi per sfondare i timpani, interrogatori con urla e violenze. Uno alla volta e non capivamo cosa volessero. Giocavano con noi terrorizzandoci”. Lo strazio è finito solo il mattino seguente, quanto i tre uomini li hanno liberati e se ne sono andati con tutti i loro averi, dalle attrezzature televisive, ai soldi e persino gli occhiali.

 

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