La Cassazione ha annullato la sentenza della Corte d’Assise e consente alla difesa di Massimo Bossetti di avere accesso ai reperti. Lui continua a sostenere di non avere ucciso Yara Gambirasio.
Nuove speranze per Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo in via definitiva per l’omicidio di Yara Gambirasio, scomparsa il 26 novembre del 2010 e ritrovata senza vita in un campo a Chignolo D’Isola esattamente tre mesi dopo. L’uomo, in carcere dal 16 giugno del 2014, si è sempre dichiarato innocente e ha più volte richiesto tramite la sua difesa di poter rifare l’esame del DNA, quella che i giudici hanno ritenuto la “prova regina” e che si è rivelata determinante per arrivare alle sentenze nei tre gradi di giudizio.
A sorpresa, uno spiraglio potrebbe essersi finalmente aperto La Cassazione ha infatti annullato la sentenza che era stata emessa in un primo momento dalla Corte d’Assise di Bergamo e ha concesso di avere accesso ai reperti per poter effettuare nuove analisi. Fino ad ora, infatti, i legali del carpentiere di Mapello non avevano mai avuto la possibilità di verificare in prima persona se l’esito degli esami fosse corretto.
Potrebbe interessarti – Caso Yara: accolto il ricorso di Bossetti: potrà avere accesso ai reperti
Bossetti spera nella riapertura e ribadisce di non avere ucciso Yara Gambirasio
A prendere la parola dopo la sentenza della Suprema Corte è ora Claudio Salvagni, che sin dall’inizio si sta occupando della difesa di Massimo Bossetti e ha sempre creduto nell’innocenza dell’uomo. ribadita in più occasioni anche in Tv. “Finalmente sta accadendo quello che chiediamo da tempo” – ha detto ai microfoni della trasmissione L’Italia s’è desta, in onda su Rado Cusano Campus -. Ora torna tutto a Bergamo, dove altri giudici dovranno quindi valutare se la difesa potrà davvero valutare in prima persona i reperti della ragazzina.
Potrebbe interessarti – Mario Vannini: la storia, il movente dell’omicidio, il processo bis
L’avvocato continua a sostenere come anche le sentenze fossero spesso contraddittorie tra loro. “Nell’ultima sentenza, quella passata in giudicato, si sosteneva che fosse impossibile realizzare altre analisi perché ormai non c’era più alcun materiale da analizzare – ha detto ancora Salvagni -. La situazione è però drasticamente cambiata a gennaio 2020. Un anno fa abbiamo scoperto che c’erano adirittura 54 campioni di DNA rivelati sugli slip e sui leggings. Riaprire il processo per noi non è così impossibile. Non a caso, gli inquirenti hanno lavorato addirittura con dei kit scaduti, vorremmo quindi per la prima volta poter avere una controprova con metodi più moderni rispetto a quelli di dieci anni fa“.
Salvagni non ha mancato di aggiornare tutti sulla reazione avuta dal suo assistito, una votla venuto a conoscenza della sentenza: “Ci ho parlato, mi ha detto che si è quasi sentito svenire e ha pianto per la felicità. Lui ora ci spera e noi con lui. Anzi, è convinto che non appena usciranno i risultati qualcuno sarà costretto a chiedergli scusa” – ha concluso.